Il 15 giugno, all’Arena di Visarno, i Tool non hanno fatto un semplice concerto: il loro è stato un viaggio sensoriale, un’esperienza immersiva che mai avremmo creduto di sperimentare.
Cala finalmente il buio, dopo interminabili ore di sole e sudore. Un battito rompe il silenzio lasciato dai The Struts: è l’intro di “Third Eye”, accompagnato da uno squarcio di luce rossa. Subito dopo, la scenografia si infiamma e il drumming massiccio di Carey investe l’arena, inaugurando “Jambi”. Alla voce inconfondibile di Maynard e al suono deciso della chitarra di Jones, iniziano a fare da sfondo effetti visivi, giochi di laser e luci che favoriscono un totale coinvolgimento, se non un rapimento del pubblico.
La perdita di ogni cognizione è immediata e voluta dalla band statunitense, che proietta video ipnotici a tutto schermo. Dal parterre si levano pochi cellulari, l’esperienza è tutta da godere hic et nunc: i fedeli fan dei Tool lo sanno bene e, d’altronde, sono gli stessi artisti a scoraggiare le riprese.
La scaletta è un mix di grandi successi e pezzi più recenti, come “Fear Inoculum”, il brano che dà il titolo all’ultimo album in studio (2019). Dallo stesso, si ascoltano “Pneuma” e “Descending”, dalle sonorità più distese e melodiche, inframmezzati da pezzi più concitati e duri come “Intollerance”.
Grandi assenti “Schism, “The Pot”, “Forty Six & 2”, forse tra i brani più universalmente e meritatamente noti. Del celebre “Lateralus”, però, i Tool propongono “The Grudge”. Qui la voce di Maynard osa vette più acute: un Let go sempre più insistente esplode in un urlo che graffia il cielo, mentre questo di risposta getta uno scroscio di pioggia sul pubblico del Firenze Rocks.
Chiude il cerchio una magnifica “Stinkfist”, singolo dell’album Ænima, e quasi in maniera inaspettata: gli spettatori sono talmente trasportati da questo mix perfetto di suono e immagine che, quando Maynard e i suoi lasciano il palco, il vuoto che lasciano dietro di sé è irreale.
Così, dopo cinque anni dal loro ultimo show italiano, la storica band americana ha regalato uno spettacolo unico, una commistione riuscitissima di generi ed espressioni artistiche, che in territorio musicale ha pochi eguali. Sacrificando un contatto diretto con i fan – caro si direbbe ai precedenti The Struts – i Tool hanno invece instaurato una connessione emotiva, senza pause, con poche parole di circostanza, per garantire una totale immersione, una sospensione del tempo e dello spazio che ci troviamo ad abitare.
A seguire la scaletta del concerto:
Jambi
Fear Inoculum
Rosetta Stoned
Pneuma
Intolerance
Descending
The Grudge
Flood
Invincible
Stinkfist